La cascina, Venezia, Geremia, 1756

Vignetta Frontespizio
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Campagna parte in collina, parte in pianura con animali bovini che vanno qua e là pasturando.
 
 La LENA e la CECCA sedendo sopra alcuni sassi al piano colle loro rocche filando. PIPPO e BERTO in collina tagliando il fieno
 
 la Lena e la Cecca (Cantando insieme)
 
    Io non conosco amore
 e pur lo provo al cor.
 Ditemi voi pastore
 che cosa sia l’amor.
 
 Pippo e Berto (Rispondono dall’alto)
 
5   Amore è un bambinello;
 è un bambinello amor.
 Amor è un ladroncello
 che mi ha rubato il cor.
 
 Lena
 Hai sentito?
 Cecca
                          Ho sentito.
10Seguitiamo a cantare.
 Lena
                                           Io non vorrei
 dicessero costoro
 che si canta per loro.
 Cecca
                                        Oh, per l’appunto.
 È una vecchia canzon che noi sappiamo.
 Seguitiamo a cantar.
 Lena
                                         Sì, seguitiamo.
 
15   Vorrei saper pastore
 dove si trova amor,
 dove si trova amore
 che v’ha rubato il cor.
 
 Pippo e Berto
 
    Colui che mi dà pena,
20quel che si chiama amor,
 sta in seno della Lena
 e della Cecca ancor.
 
 Lena
 Oh meschina di me! Li avete intesi?
 Cecca
 Li ho intesi i bricconcelli.
 Lena
25Affé vengono abbasso.
 Cecca
 Non ci stiamo a partir dal nostro sasso.
 Pippo
 Berto, va’ dalla Lena;
 fala un poco cantar.
 Berto
                                      Va’ tu da lei,
 ch’io dalla Cecca andrò.
 Pippo
30A parlar colla Lena io non ci vo.
 Berto
 Perché? So pur che sei,
 Pippo, amante di lei.
 Pippo
                                         Nol vuo’ negare
 ma vicino di lei non posso stare.
 Berto
 Perché?
 Pippo
                  Mi vergogno.
 Berto
35Eh via, sciocco che sei.
 Parla, scherza con lei.
 Fa’ quel che farò io colla mia Cecca.
 Esse son da marito.
 Noi non abbiamo moglie.
40Siamo tutti a servire
 in un istesso loco;
 possiamo bene divertirsi un poco.
 Vien qui; se non sai fare,
 fa’ come farò io.
 Pippo
                                Mi vuo’ provare.
 Berto
45Buongiorno, Cecca bella. (Accostandosi alla Cecca)
 Pippo
 Lena buongiorno.
 Lena
                                   Non rispondo certo. (Da sé filando)
 Berto
 Vi ho sentito cantar. (Alla Cecca)
 Cecca
                                         Sì, si spassiamo
 colla compagna mia.
 Pippo
 Vi ho sentito cantare. (Alla Lena)
 Lena
                                           Andiamo via. (Piano alla Cecca)
 Cecca
50Perché?
 Pippo
                  (Non mi risponde). (A Berto)
 Berto
 (Segui, risponderà). (A Pippo)
 Lena
 Cecca. (S’alza e chiama Cecca)
 Cecca
                Che vuoi? (Alzandosi)
 Lena
                                     Andiamo via di qua.
 Cecca
 Guarda il povero Pippo.
 So pur che gli vuoi bene.
 Lena
55Caldo e freddo mi viene.
 Andiamo via Cecchina.
 Cecca
 Eh lo vedo. Sei cotta, poverina.
 
    Con cento pastorelli
 ti veggo ragionar.
60Non hai timor di quelli,
 costui ti fa tremar.
 
    Cosa vuol dire eh?
 Ci conosciam sorella;
 questo si chiama amor.
65Amor è il ladroncello
 che ti ha rubato il cor. (Parte)
 
 SCENA II
 
 PIPPO, BERTO e la LENA
 
 Lena
 Aspettami, ch’i’ vengo. (Vuol seguire la Cecca)
 Berto
                                             Non partire
 graziosa pastorella;
 sii cortese e gentil quanto sei bella.
 Lena
70Lasciami andare.
 Berto
                                   Osserva.
 Va la mandra dispersa al prato intorno,
 tu l’abbandonerai?
 Lena
                                      Farò ritorno.
 Berto
 Ma chi, ma chi frattanto
 custodirla potrà?
 Lena
                                  Non so... Vorrei...
75Fatemi voi il piacere
 custodirla per me. Torno fra poco.
 Berto
 Andar deggio diviato in altro loco.
 Ma quel che far non posso
 altri farà per te, visetto bello.
 Lena
80Dimmi, chi lo farà?
 Berto
                                       Quel pastorello. (Accenna Pippo)
 Pippo
 Io lo farò... se vuoi... (Alla Lena)
 Lena
 Come c’entrate voi? (A Pippo)
 Pippo
                                        Non parlo più.
 Berto
 Lena gentil, troppo crudel sei tu.
 Lena
 Io crudele, perché?
85Che ha che fare con me quello ch’è lì.
 Io me ne vado via s’ei resta qui.
 Pippo
 Pazienza.
 Berto
                     Pippo, intendi?
 Vattene poverino;
 cerca miglior destino.
90Non mancan pastorelle
 grate, gentili e belle.
 Chi non ti ama seguir non ti conviene.
 Vanne da Elisa tua che ti vuol bene.
 Lena
 (Tristo Berto, briccone,
95vuol farmi disperare). (Da sé)
 Pippo
 Sentimi... Non potrò. (Piano a Berto)
 Berto
                                          Fingi d’andare. (Piano a Pippo)
 Pippo
 Berto, addio. (In atto di partire)
 Berto
                            Dove vai?
 Lena
                                                 (Dove anderà?) (Da sé)
 Pippo
 Vado... Sì; vado là...
 Berto
                                       Già t’ho arrivato. (A Pippo)
 Dalla Lisa sen va. (Alla Lena)
 Lena
                                    (Disgraziato). (Da sé)
 Berto
100Ti dispiace ch’ei vada? (Alla Lena)
 Lena
                                             A me? Perché?
 Vada pur dove vuole.
 Berto
                                         Egli anderà.
 Lena
 (Ah non vorrei). (Da sé)
 Pippo
                                  (Non so partir di qua). (Da sé)
 Berto
 (Non lasciar ch’egli vada, è un buon ragazzo
 che ti vuol bene assai). (Piano alla Lena)
105(Pippo, se forte stai,
 la Lena sarà tua, non dubitare). (Piano a Pippo)
 (Fa’ a modo mio, non tel lasciar scappare). (Piano alla Lena)
 
    Pippo, Pippo, una parola.
 Vieni qui, ti vuo’ parlar.
110Vieni qui, buona figliuola,
 che ti voglio astrologar. (Alla Lena)
 
    Quell’occhio mi dice
 che Pippo felice
 vuol esser per te. (Alla Lena)
 
115   Cagion dell’amore
 che senti nel core
 l’Elisa non è. (A Pippo)
 
    Se un dì parlerete,
 contenti sarete;
120credetelo a me. (Parte)
 
 SCENA III
 
 PIPPO e la LENA
 
 Pippo
 Lena...
 Lena
                Elisa ti aspetta.
 Pippo
                                              Io non ci penso.
 Voglio restar con te.
 Lena
 Che vorresti da me?
 Va’ dalla tua graziosa pastorella.
 Pippo
125Tu sei quella, ben mio...
 Lena
                                              No, non son quella. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 PIPPO, poi COSTANZO col nome di Silvio in abito di pastore
 
 Pippo
 Senti, senti crudel! Da me s’invola.
 Costanzo
 Pippo.
 Pippo
                Che cosa vuoi?
 Costanzo
                                             Una parola.
 Pippo
 Spicciati.
 Costanzo
                     La padrona
 sai tu dove si trovi?
 Pippo
                                       Io l’ho veduta
130sul margine del fonte
 starsi sedendo in compagnia del conte.
 Costanzo
 (Misero me!) (Da sé)
 Pippo
                             Vuoi altro?
 Costanzo
 Erano soli?
 Pippo
                        Soli.
 Costanzo
 (Fremo di gelosia). (Da sé)
 Pippo
135Addio.
 Costanzo
                Non mi lasciar.
 Pippo
                                              Voglio andar via.
 Costanzo
 Dimmi, nulla intendesti
 di ciò che ragionava
 la padrona con lui?
 Pippo
 Abbadar io non soglio ai fatti altrui.
140Lascio che ogniuno faccia;
 lascio che ogniuno goda. Oh Silvio mio,
 così fosse di me con chi dich’io.
 Costanzo
 Ma la padrona nostra
 vedova, sola e vaga,
145parmi che poco sappia il suo dovere,
 confidenza donando a un forastiere.
 Pippo
 Che importa a te?
 Costanzo
                                    Son del suo onor geloso.
 Pippo
 Io non ci penso
 né di lei né di te.
150Ho da pensar per me misero e gramo
 che non mi vuole amar quella ch’io amo.
 Costanzo
 Chi è colei che tu adori?
 Pippo
                                               È la più bella
 graziosa pastorella
 che mirare si possa al prato, al bosco.
155Non la conosci ancor?
 Costanzo
                                          Non la conosco.
 Pippo
 Ah s’io ti dico il nome
 della ninfa che adoro,
 in tua presenza io moro.
 Senti, m’ingegnerò
160di descriverla almen come potrò.
 
    Ha la mia ninfa
 due luci belle
 che paion stelle...
 Altro che stelle!
165Paion due soli
 e di più ancora,
 se dar si può.
 
    Fronte serena
 di grazie piena,
170più bel visino,
 più bel nasino,
 più belle rose,
 tant’altre cose
 che dir non so.
 
175   Un giorno spero
 che lo saprò.
 Per or ti dico
 quel che si può. (Parte)
 
 SCENA V
 
 COSTANZO solo
 
 Costanzo
 Pippo ti compatisco.
180So quanto può nel petto
 di ogni misero amante un dolce affetto.
 Giunse l’amor crudele,
 giunse a far, non so come,
 ch’io cambiassi, infelice, e spoglie e nome.
185Soffro la servitù, soffro la vita
 rustica, vile, abietta,
 per Lavinia diletta e per vederla
 e per esser vicino al bel che adoro,
 scordo la patria ed il natio decoro.
 
190   Care selve, piaggie amate
 deh svelate all’idol mio
 quell’amor, quel duolo rio
 che celato ho nel mio cor.
 
    No; tacete ancor per poco
195il mio foco, i desir miei.
 Destar pria si vegga in lei
 la pietà, se non l’amor.
 
 SCENA VI
 
 Camera nobile nel palazzo di Lavinia.
 
 LAVINIA ed il conte RIPOLI
 
 Lavinia
 
    Troppo onor.
 
 il Conte
 
                              È mio dovere.
 
 Lavinia
 
 Grazie a lei.
 
 il Conte
 
                         Son cavaliere;
200colle dame so trattar.
 
 Lavinia
 
    Obbligata, mio signor.
 
 il Conte
 
 Mi potete comandar.
 
 Lavinia
 Son tenuta davvero
 alla di lei bontà,
205che m’ha voluto accompagnar fin qua.
 il Conte
 Vi servirei, madama,
 con vostra permissione,
 negli antipodi ancora e nel Giappone.
 Lavinia
 Obbligata, signor.
 il Conte
                                    Fo il mio dovere.
 Lavinia
210Ella è troppo gentil.
 il Conte
                                       Son cavaliere.
 Lavinia
 Finezza è ch’io non merto
 l’onor che mi comparte
 di venire a graziarmi in questa parte.
 il Conte
 Senza di voi, madama,
215era la città nostra
 senza sol, senza luna e senza stelle.
 Le vostre luci belle
 son venute a illustrare il bosco, il prato
 ed io qual girasol vi ho seguitato.
 Lavinia
220Queste, qualunque sieno,
 povere luci mie tutta han perduta
 la primiera possanza
 per il mesto pallor di vedovanza.
 il Conte
 Ah peccato peccato!
225Viva il nume bendato.
 Mio l’impegno sarà, se nol sdegnate,
 di ravvivar quelle pupille amate.
 Lavinia
 Ah come mai?
 il Conte
                              Come dal fosco cielo
 suol le nubi scacciar Febo ridente,
230sparirà immantinente
 il pallido pallore
 che vi copre il bel viso e ingombra il cuore,
 se qual vite feconda e fecondata
 voi sarete a quest’olmo avvitichiata.
 Lavinia
235Se diceste davver.
 il Conte
                                    Giuro, mia bella,
 giuro ai dei tutelari
 della mia nobiltà,
 di sì bella beltà sono invaghito;
 sarò qual mi vorrai... servo e marito.
 Lavinia
240Accetto per finezza
 d’un cavalier sì degno
 l’amor, la grazia ed il più forte impegno.
 il Conte
 Giove, tu che pressiedi
 all’opere più conte, Amor, che accendi
245fiamme nel nostro petto,
 Venere, che sei madre del diletto,
 e voi pianeti e voi minute stelle,
 onor del firmamento,
 fate applauso di luce al mio contento.
 Lavinia
250Bella madre d’Amor,
 Venere, anch’io t’invoco
 pronuba generosa al nostro foco.
 Resti l’amante amato
 meco vicino in quest’albergo fido
255qual Enea ricovrato alla sua Dido.
 il Conte
 Non vi darò, mia bella,
 l’ingrato guiderdone
 ch’Enea diede a Didone.
 Non vuo’ che il mondo veda
260che a un amante rival vi lasci in preda.
 Ah, se voi foste Dido,
 s’io fossi Enea, se Iarba fosse qui,
 a quel moro crudel direi così:
 
    «Vieni superbo re,
265l’avrai da far con me».
 (Non dubitar mia vita,
 ch’io ti difenderò). (A Lavinia)
 «Vibra la spada ardita,
 ch’io mi riparerò».
 
270   Vuol atterrar Cartagine,
 la vuol ridur in cenere,
 sento le fiamme stridere,
 odo le genti gemere.
 (Non ti abbandonerò). (A Lavinia)
 
275   «Va’ tra le selve ircane,
 barbaro, mostro, cane;
 no, che timor non ho». (Parte)
 
 SCENA VII
 
 LAVINIA, poi la LENA
 
 Lavinia
 Stanca son di soffrire
 lo stato vedovil per me noioso;
280parmi il conte amoroso,
 parmi di cuor sincero;
 e da lui la mia pace io bramo e spero.
 Lena
 Riverisco, signora.
 Lavinia
                                     Ti saluto.
 Come stai Lena mia?
 Lena
285Bene, ai comandi di vossignoria.
 Porto alla mia padrona
 in un vaso che ho dentro al mio cestino
 fior di latte raccolto in sul mattino.
 Lavinia
 Obbligata davvero.
 Lena
                                      Oh cosa dite!
290Faccio quel che conviene;
 e so che la padrona mi vuol bene.
 Lavinia
 Certo, perché lo merti.
 Tu sei una buonissima figliuola;
 senti, non voglio più vederti sola.
 Lena
295Sola non istò mai. La mamma mia
 sta meco in compagnia;
 e quand’ella non c’è,
 viene la Cecca a lavorar con me.
 Lavinia
 Eh Lena mia, cotesta
300non è la compagnia che ti destino.
 Lena
 E chi dunque?
 Lavinia
                              Vuo’ darti uno sposino.
 Lena
 Eh via!
 Lavinia
                 Sei nell’età;
 conosco il tuo bisogno.
 Lena, lo prenderesti?
 Lena
                                          Io mi vergogno.
 Lavinia
305Vergognarti non dei, che le fanciulle
 devono accompagnarsi;
 ed è cosa ben fatta il maritarsi.
 Lo prenderai marito?
 Lena
                                          Non so dire.
 Lavinia
 Rispondimi di sì; sei tanto buona.
 Lena
310Farò quel che comanda la padrona.
 Lavinia
 Ti voglio regalar.
 Lena
                                  Grazie, signora.
 Lavinia
 Vado a prendere un nastro e torno or ora. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 La LENA, poi il CONTE
 
 la Lena
 Se mi desse un marito
 io me lo piglierei;
315e il mio Pippo vorrei. Quando lo vedo,
 lo sfuggo il poverino
 ma però lo vorrei sempre vicino.
 il Conte
 (Chi è questo sol sì bello
 ch’empie la stanza di novel splendore?) (Da sé)
 Lena
320(Chi è mai questo signore?
 Se non vien la padrona, io vado via). (Da sé)
 il Conte
 Non so dir s’ella sia
 Cintia, Venere o Clizia o luna o stella,
 so che piace a’ miei lumi e so ch’è bella.
 Lena
325Meglio è ch’io me ne vada. (In atto di partire)
 il Conte
                                                    Ah no, fermate.
 Ninfa non mi private
 della gioia che in voi lieto respiro.
 Vaglia per trattenervi un mio sospiro.
 Lena
 Avete qualche mal?
 il Conte
                                       Sì, nel mio cuore
330amoroso veleno infonde amore.
 Lena
 Se siete avvelenato,
 lontan col vostro fiato
 state dal labbro mio,
 che non vorrei avvelenarmi anch’io.
 il Conte
335Ah volessero i numi
 che fuor da questi lumi
 escir potesse avvelenato strale...
 Lena
 Ah non vorrei che mi faceste male.
 il Conte
 Anzi ben vorrei farvi.
340Amarvi, venerarvi,
 adorarvi e il cuor mio tutto donarvi.
 Lena
 Signor, con tanti arvi
 non so s’abbia a dolermi o ringraziarvi.
 il Conte
 In voi la crudeltà
345possibil che s’asconda
 come l’aspide rio tra fronda e fronda?
 Lena
 (Non intendo parola). (Da sé)
 il Conte
                                            Idolo mio,
 dite di sì o di no.
 Lena
 Che volete che dica? Io non lo so.
 il Conte
350Bellissima innocenza!
 Cara semplicità quanto mi piaci!
 Fortuna, degli audaci protettrice,
 fammi in questo momento esser felice. (S’accosta per abbracciarla)
 la Lena
 Ehi lasciatemi stare.
 il Conte
                                        Non gridate.
355Meco non vi sdegnate,
 labbra gentili, pupillette ladre.
 Lena
 Andate via, che lo dirò a mia madre.
 il Conte
 (Per vincer la ritrosa
 vi vorrà qualche cosa. Un regaletto.
360Per esempio... sì bene. Un anelletto). (Da sé)
 Bella, se non credessi
 che aveste ad isdegnare...
 Lena
 Vi torno a dir che mi lasciate stare.
 
    A mia madre lo dirò.
365La padrona lo saprà
 e nessuno mi ha toccata
 e nessun mi toccherà.
 Via di qua.
 Griderò, piangerò.
 
370   Che bell’anellino! (Il conte le mostra un anello)
 Gli è pur galantino!
 Ma quello non è
 regalo per me.
 
    Me l’offrite? Me lo date?
375Via di qua, non mi toccate,
 che mia madre chiamerò.
 Me l’ha dato, me l’ha dato.
 Io l’ho preso e me ne vo. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 Il conte RIPOLI, poi LAVINIA
 
 il Conte
 Bella bella, fermate.
380Ma la raggiungerò.
 Lavinia
                                     Ehi, dove andate?
 il Conte
 Dove mi porta il cuore...
 A rintracciar di voi...
 Lavinia
                                         No, mentitore.
 Tutto so, tutto intesi;
 di voi mi maraviglio,
385da me lungi partire io vi consiglio.
 il Conte
 Eccomi a’ vostri piedi. (S’inginocchia)
 Lavinia
                                             Itene, indegno.
 il Conte
 Placate il vostro sdegno.
 Non intesi oltraggiarvi.
 Giuro al nume d’amor, giuro d’amarvi.
 Lavinia
390Lo crederò?
 il Conte
                         Credetelo,
 bella tiranna mia.
 Lavinia
 Di darmi gelosia deh tralasciate.
 il Conte
 Sì sì, non dubitate,
 fido amante, costante a voi sarò
395fino... fino a quel dì... fin che potrò. (Parte)
 
 SCENA X
 
 LAVINIA sola
 
 Lavinia
 Il carattere intendo
 vollubile e leggiero
 del suo debole cor; ma pure io l’amo;
 ed unirmi con lui sospiro e bramo.
400Sia ambizione o amore,
 sia noia del mio stato,
 se del conte la man sperar mi lice,
 son contenta, son lieta e son felice.
 
    L’amante tortorella
405si lagna di star sola,
 il suo dolor consola
 sperando il caro ben.
 
    L’afflitta vedovella
 non trova il suo riposo,
410se il cuor novello sposo
 a consolar non vien.
 
 SCENA XI
 
 Cascina interna dove si lavora il cacio ed il burro.
 
 PIPPO, BERTO, poi la LENA e la CECCA, poi il CONTE
 
 Berto
 Animo, alla cascina.
 Dove siete ragazze?
 Cecca
                                       Eccoci qui.
 Lena
 Che abbiam da lavorare?
 Berto
415Il burro questa mane si ha da fare.
 Tu qui lavorerai. (Assegna il loco alla Lena)
 Tu qui, bella Cecchina.
 Noi porteremo il latte alla cascina.
 Cecca
 Stamane sono in voglia
420di faticar davvero.
 Lena
                                    Anch’io mi sento
 proprio il mio cuor contento.
 Pippo
 Anch’io vorrei...
 Lena
                                Che cosa?
 Pippo
                                                     Non so dirlo.
 Berto
 Tu potresti capirlo.
 Lena
 Andate via di qua.
 Pippo
425Berto, andiamo. Crudel!
 Berto
                                               Si cangierà. (Parte con Pippo)
 Cecca
 Hai molto duro il cor. (Alla Lena)
 Lena
                                           Lasciami fare.
 Cecca, ti vuo’ mostrare
 un cosuccio bellino.
 Cecca
 Cosa mi vuoi mostrare?
 Lena
                                              Un anellino.
 Cecca
430Bello! Chi te l’ha dato?
 Lena
 Un signor me l’ha dato.
 Cecca
                                             E perché mai?
 Lena
 Mi voleva toccare ed io gridai.
 Cecca
 Dunque te l’ha donato,
 acciocché non gridassi.
 Lena
                                            Così fu.
 Cecca
435E poi?
 Lena
                E poi non ho gridato più.
 Cecca
 Guardati, Lena mia...
 Lena
                                          Zitto, Cecchina,
 vengono con il latte. Non lo stare
 a ridir a nessun.
 Cecca
                                 Non dubitare.
 Berto (Con un vaso di latte si accosta alla Cecca)
 
    Com’è candido questo mio latte,
440candidetto è il mio core nel petto
 e vorrei che tal fosse l’affetto
 che tu nutri nel seno per me.
 
 Cecca
 
    Com’è dolce quel latte che rechi,
 è dolcissimo in seno il mio core;
445e vorrei che tal fosse l’amore
 che può Cecca sperare da te.
 
 Pippo
 
    Lena bella, l’amor che ti porto
 è più puro del latte ch’è qui;
 e tu, ingrata, mi lasci così,
450poverino, per te sospirar!
 
 Lena
 
    Questo latte, ch’è tanto bellino,
 io lo voglio qua dentro gettar;
 se tu sei come il latte bonino,
 ti vorrei con il maglio pistar.
 
 Pippo
 
455   Bel favor! Carità, se ce n’è.
 Senti tu, bell’amor che ha per me! (A Berto)
 
 Berto
 
 Lascia dir, lascia far; cangierà.
 
 Berto, Pippo a due
 
    D’una bella pastorella
 questa è troppa crudeltà.
 
 a quattro
 
460   Sento amore che nel core
 pizzicando ognior mi va.
 
 Berto, Pippo a due
 
    A prendere il latte,
 carine, si va.
 
 Lena, Cecca a due
 
    Andate, tornate,
465che il burro si fa.
 
 Berto, Pippo a due
 
    Amore nel core
 tormento mi dà. (Partono)
 
 Cecca
 
    Lena mia, lascia vedere
 l’anellin che ti han donato.
 
 Lena
 
470Ecco qui.
 
 Cecca
 
                    Chi te l’ha dato!
 
 Lena
 
 Un signore forastiere
 cavaliere che così...
 Eccolo, Cecca, eccolo qui. (Vedendo venire il conte corrono a lavorare)
 
 Cecca, Lena a due
 
    Di vederlo non mostriamo;
475seguitiamo a lavorar. (Lavorano)
 
 il Conte
 
    Chi mi dona un pocchino di latte,
 chi mi vende di voi la ricotta;
 pastorella graziosa, grassotta,
 voi potete il mio genio appagar. (Alla Cecca)
 
 Cecca
 
480Chi ne vuole l’ha ben da pagar.
 
 Lena
 
    Chi vuol latte ci porga dell’oro.
 
 il Conte
 
 Siete voi mio gradito tesoro,
 siete voi che m’invita a comprar. (Alla Lena)
 
 Cecca, Lena a due
 
 Chi ne vuole l’ha ben da pagar.
 
 il Conte
 
485   Quante volete
 gioie e monete;
 tutto potete
 belle sperar.
 
 Cecca, Lena a due
 
 (Se ci burla vogliamo provar).
 
490   Che cosa vuole? (S’accostano al conte)
 
 il Conte
 
 Quel che si puole.
 
 Cecca, Lena a due
 
 Chieda, signore.
 
 il Conte
 
 Vi chiedo il core.
 Chiedo pietà.
 
 Cecca, Lena a due
 
495Ecco i pastori
 tornano qua. (Vanno al lavoro)
 
 il Conte
 
    Mi lasciate, mi piantate?
 
 Berto, Pippo a due
 
 Qui costui che cosa fa? (In disparte veggendo il conte)
 
 il Conte
 
 Deh tornate; non usate
500meco tanta crudeltà.
 
 Berto, Pippo a due
 
 Stiamo attenti come va. (Si ritirano)
 
 Cecca
 
    Son partiti.
 
 Lena
 
                           Sono andati.
 
 a due
 
 Ritornare si potrà.
 
 il Conte
 
    Le pastorelle
505tornano qua.
 
 Lena, Cecca a due
 
    Che cosa vuole?
 
 il Conte
 
 Quel che si puole.
 
 Lena, Cecca
 
 Chieda signore.
 
 il Conte
 
 Vi chiedo il core,
510chiedo pietà.
 
 Berto, Pippo a due
 
    Altolà. (Armati con schioppo contro il conte)
                   Via di qua.
 
 il Conte
 
                                          Per pietà. (Si raccomanda)
 
 Pippo, Berto a due
 
 Morirà, schiatterà.
 
 Cecca, Lena
 
                                     Per pietà. (Si raccomandano per il conte)
 
 Pippo, Berto a due
 
    In grazia delle belle
 graziose pastorelle
515la vita vi si dà.
 
 il Conte
 
    Vi son ben obbligato,
 pietose pastorelle.
 
 Berto, Pippo a due
 
 Andate via di qua. (Al conte)
 
 il Conte
 
    Oimè, che timore,
520mi palpita il core;
 mai più torno qua.
 
 Cecca, Lena a due
 
    Noi non lo conosciamo,
 non vi credete già.
 
 Berto, Pippo a due
 
    Ben bene, c’intendiamo,
525col tempo si saprà.
 
 Cecca, Lena a due
 
    Siete sdegnati
 con noi ancora?
 
 Berto, Pippo a due
 
 Pace per ora,
 poi si vedrà.
 
 il Conte
 
530Pace, signori,
 per carità.
 
 tutti
 
    Viva la pace,
 pera lo sdegno,
 splenda la face
535dell’amistà.
 
    Regni l’amore
 nel nostro core,
 vada il timore
 lungi di qua.
 
 Castello nel giardino d’Amore per il ballo.
 
 Fine dell’atto primo